Questa mattina ero immersa nella lettura dell’ultimo libro del Professor Guido Pesci e dalla Professoressa Marta Mani, “Pedagogia Clinica”.  Giunta al paragrafo sulla ricerca storico-scientifica -dove è ben delucidato come, attraverso grandi pensieri filosofici, abbia preso corpo e linfa vitale la Pedagogia Clinica, disciplina dedicata alla persona- questa lettura si è mentalmente collegata ad un’altra, effettuata in precedenza, di un articolo sul pensiero filosofico di Spinoza: letture queste, dai risvolti inaspettati.
Infatti, proseguendo nella lettura veniva alla luce, in maniera sempre più nitida, il concetto, ben esplicitato e che nella pratica quotidiana del Pedagogista Clinico si ritrova in ogni momento,

“Si sta bene vicino ai corpi che ci fanno stare bene”.

Ecco che, mentre leggevo, si ripresentava vividamente quel momento di lavoro in cui ho ascoltato le parole di Alessio, il ragazzo con cui sono mi sono relazionata in un clima di accoglienza. Nell’accomodarci insieme, davanti ad un elemento puro come il tavolo di cristallo, ero avvolta in un sentire che procurava in me un entusiasmo nell’avvicinarmi, con la giusta distanza, al vissuto dell’altro.  Il suo lasciar traccia attraverso il linguaggio, e la sua mimica facciale con le micro espressioni, lo sguardo, riuscivo a comprendere, in quell’esserci, le potenzialità in atto in quel giovanissimo uomo. Il mio interesse da quel momento in poi, veniva focalizzato dalla sua dichiarata, e evidente, incapacità di prendersi cura di se stesso, apprezzabile anche dalle dichiarazioni verbali non sempre in linea con le sue geometrie corporee.

Alessio mi parlava, di cosa significasse per lui “la cura di se stesso” una volta riconosciuta la necessità di scoprirsi anche con le sue debolezze, il prendersi a cuore la sua esistenza in un’alternanza di pieni e vuoti, di impulsi e frenaggi, in una trasformazione quotidiana dei suoi comportamenti per vivere il tempo, un tempo vissuto spesso senza padronanza dell’arte dell’esistenza.
Già dai nostri primi incontri era chiaro che la persona fosse alla ricerca di una modalità educativa per orientare il suo esserci nel mondo, in quanto, nel suo pensiero, risultava l’assenza di un orizzonte di punti luce capaci di rischiarare quel tanto utile a trovare la giusta direzione. Quel tanto utile a creare le occasioni di sviluppo verso ritmi e movimenti naturali del corpo, capaci di ricondurre ad una conoscenza e coscienza di sé, liberando le emozioni, armonizzando i temperamenti e riequilibrando la personalità, sino a rientrare nelle sue sensopercezioni.

Alessio spesso faceva riferimento a strategie e tecniche, associandole al difficile lavoro di vivere, percependosi in tutta la sua responsabilità nel suo progetto di esistenza in relazione con l’altro, anche nel rispetto della sua libertà. Trovava con il vivere e il convivere un ritmo alla sua vita, nella condizione di bisognosità dell’altro, verso un’etica della condivisione.
Si delineava sempre più, attraverso il trascorrere del tempo, come il suo bisogno, già ben evidenziato sin dalla prima telefonata, fosse una richiesta di aiuto verso se stesso; una ricerca verso un percorso che potesse far rifiorire la sua tecnica dell’esistere, trovando risposta nel mio agire, guidato quest’ultimo dal Reflecting®, che ha poi condotto ad appagare

il bisogno che la persona ha di muoversi nella propria interiorità e discernere ogni aspetto dell’universalità che le appartiene e che la porta al peculiare regno della conoscenza di sé, fino a convertire gli atteggiamenti di rinuncia e di rassegnazione in atteggiamenti costruttivi muovendo nella direzione della coerenza”.[1]

Ed è proprio questo a cui miriamo noi Pedagogisti Clinici: a mettere in contatto con loro stessi le persone che richiedono il nostro aiuto, in quanto il nostro

è un esserci, un essere-con la persona in modo polidinamico, polisinergico, perché quei minuti, quei momenti che trascorre con se stessa in riflessione siano ricchi, intensi ed essa arrivi pian piano a rintracciare in sé l’abilità per sbrogliare i fili dell’intricata matassa della sua esistenza, facendo venire alla luce verità sopite da tempo dentro di lei.”[2]

Chi più di noi stessi è vicino a Noi Stessi?

Dr.ssa Stefania Salvaggio

[1], Guido Pesci, Marta Mani, Pedagogia Clinica, Torino, 2021, pag.69.

[2] Alessandra Perri, Nulla di troppo, Roma, 2013, pag.23.